Le parole significano. Le parole vogliono dire.

A giugno vi regalo la parola PRESENZA.

Essere presenti, significa essere lì. Lì in un luogo o un momento, presenti anche a noi stessi. Altrimenti non è vera presenza, è assenza o mancanza. Lì, poi, vuol dire qui. Qui e ora.

Presente, lo dicevamo a scuola, al momento dell’appello.

Presente, lo diciamo ancora (seppur meno di un tempo), per indicare un regalo.

Poi, c’è: la firma di presenza, l’indennità di presenza, il gettone di presenza, l’atto di presenza, la presenza di spirito e la bella presenza.

Ognuno di questi modi di utilizzare la parola e le sue derivazioni, è un mondo. Parte tutto dalla consapevolezza di sé e si espande in quello che viviamo.

Si espande anche nel mondo professionale, ovviamente, dove oggi abbiamo (spesso) la scelta se lavorare in presenza o da remoto. Se esprimerci di persona o in modo virtuale. Se andare a un appuntamento o connettersi in videocall.

I due estremi vengono chiamati anche “presentismo” e “iperconnessione”. Troppo presenti o troppo distanti, ma sempre connessi. Esiste una via di mezzo? Sicuramente, ma va pensata e costruita.

Va trovato il senso della presenza e della distanza, il motivo.

Il motivo per cui abbiamo bisogno di stare insieme, di incontrarci e anche quello per cui stare lontani. In una riunione, in un progetto o in un’esperienza. Non solo per comodità o consuetudine. Cioè dobbiamo pensare al fine, ancora prima del mezzo.

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