Le parole significano. Le parole vogliono dire.

A marzo vi regalo una parola: IMPEGNO.

È una bella parola, positiva. Non è così marcata come la parola “dovere”, è più accogliente. Anche se il confine fra le due può essere sfumato e a volte scivoloso. In mezzo, ci metterei il termine “obbligo”. Tutti spazi di significato, che al di là della semantica e dell’etimologia delle parole, ognuno di noi riempie con il suo di significato.

Impegno, obbligo, dovere. A me piace “impegno”, perché include la responsabilità personale e non solo quella istituzionale e normativa.

Dover fare qualcosa o esserne obbligati implica durezza, impegnarsi a fare qualcosa implica motivazione. Non c’è sforzo nell’impegno.

Nell’impegno ci sono valori, c’è l’essere (in un certo modo) e non solo il fare (attività). A volte, nel fare, c’è una sorta di compulsione alla performance, al risultato. Non che non sia importante, il risultato. Però è più importante come lo raggiungiamo, se con il dovere, con l’obbligo o con l’impegno.

Nell’impegno c’è la presenza, il sentirsi parte di qualcosa. Ha a che fare con l’identità professionale e con l’appartenenza a una comunità (un’organizzazione, un progetto, un gruppo).

Un risultato raggiunto con l’impegno è più significativo. Perché l’impegno è dedizione e passione per quello che si fa. Non è obbligo, ma opportunità. È un viaggio più interessante. È il viaggio. Vale per tutto, anche per il viaggio professionale, quello di una vita o di un giorno di lavoro.

Con questa convinzione sarebbe bello, alzarsi ogni mattina e iniziare con impegno e dedizione a creare qualcosa.

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